mercoledì 4 dicembre 2013

La reprimenda



"Ogni favola è un gioco

se ti fermi a giocare

dopo un poco lasciala andare

non la puoi ritrovare 

in nessuna città

perché è vera soltanto a metà!"

E.B.




Ho dodici anni, compiuti da poco. Mi hanno regalato una bicicletta rossa.
(Ero così felice...)

Ho ricevuto una reprimenda.

Sono un ragazzino mortificato da una reprimenda.
Un bambino che si sente stupido e manchevole senza capire neppure il perché.
Al quale dicono di aver sbagliato, senza spiegargli un percome.
Forse ha sbagliato nel credere alle favole o a mostrare troppo entusiasmo per un gioco.
Forse ha preteso troppo; i ragazzini non si accontentano mai.
Forse non ha frenato al momento giusto.

Ma la bicicletta era rossa,
e nuova,
e luccicante,
e ho preso velocità e...
...sono scivolato.
Nessuno si è fatto male,
non io,
non la bicicletta.
Sono scivolato,
ma sono già in piedi e...
...e non lo faccio più.

Spiegatemi a chi ho fatto tanto male se secondo voi ho fatto del male.
Forse ho fatto male alle vostre paure?
Oppure vi ho solamente offerto un'occasione per rovesciare un cesto di rabbia che tenevate in equilibrio sulla testa. Un cesto invisibile ai miei occhi.

La reprimenda è un articolo da divisa,
da cattedra,
da precettore.
La reprimenda ti lascia senza parole,
senza possibilità di difesa,
lo dice la parola stessa:
ti reprime.
A volte agisce volontariamente sulle tue parti pure. Supponendole impure.
A volte colpisce come una spranga postulando giudizi ed accuse. O quelle che i grandi chiamano colpe.

Reprimende: Abusi di coscienza.

Mi ha colpito alle gambe.
Ho pensato ad ogni volta che una reprimenda arriva alle gambe,
piegandole in due,
ma l'orgoglio,
in un attimo infinito,
le raddrizza.
Rimangono apparentemente dritte, con le ginocchia tremanti.

Non le piego, fanno male ma non le piego. Nessuno avrà mai la soddisfazione di vedermi in ginocchio. Nessuno vedrà mai il mio sguardo ferito. Il mio cuore spezzato. 
E il mio sangue amaro rimarrà dentro di me a ricordarmi chi sono, a rammentarmi chi ero.

Ora io so che la reprimenda allontana. Non è un semplice rimprovero.
Sono rimasto immobile e muto dinanzi al precettore mentre il mio pensiero era già lontanissimo.
Fuggiva. Che nessuno può tenerti in gabbia senza darti da mangiare.

Nessuna gelata reprimenda ti potrà mai salvare o migliorare.

Sorriderai per dignità,
guardando oltre,
indossando la tua prima maschera,
camminando seminerai scie di silenziosa amarezza sulla strada,
anelando barzellette di buffoni che ti possano lenire la ferita.

Ora ho compreso.
Ho compreso un ragazzino mortificato da una reprimenda.
Un bambino deluso. Al quale hanno rubato la credenza. E chiedo scusa.
Non è grazie ad essa che crescerò.
Mi chiuderò.
Diventerò un riccio.

Sentivo che sarei diventato riccio.
Da qualche tempo lo sapevo.







sabato 16 novembre 2013

Lettera dei sogni belli


Voi l'avete mai vista una bambina giocare da sola? Io no.
Silenziosa crea ogni sera un mondo nuovo. Si circonda di oggetti che nella sua immaginazione prendono forme diverse. Di amici immaginari che prendono vita.
Il suo è un gioco completo, che non ha bisogno di istruzioni per l'uso.
Se la osservate con attenzione, potete vedere che non gioca da sola. Gioca con tutto quello che trasforma e riesce ad animare.
Fino a crollare addormentata, circondata dal suo
piccolo,
grande,
mondo
fantastico.




Questa sera ti guardo dormire.
Mi appoggio qui, in fondo al tuo letto, rannicchiata, e mi partono i pensieri.
Penso a tutto quello che ti ho detto e a quello che non ti ho ancora detto e che vorrei dirti.
Ogni cosa a suo tempo; si dice così.
Non è facile però suddividere in un arco temporale le parole da dire. E ho paura di scordarle, per mancanza di ore o per distrazione. Non sappiamo come saranno i nostri anni a venire. Probabilmente non riuscirò più a dedicarti tanto tempo come è stato negli ultimi mesi.
E allora sai cosa faccio?
Le scrivo queste parole. Nero su bianco.
Le fisso in modo da poterle sempre ritrovare. Mi faccio un breve appunto su ogni argomento che dovremo affrontare.
Nel futuro.

Il primo consiglio che vorrei fissare mi riguarda:
Un giorno, non so ancora quando, ti dirò di non mettermi mai prima di te stessa. Per nessun motivo. Fai la tua vita e le tue scelte senza mai preoccuparti di poter nuocere al nostro rapporto. O di potermi deludere.
Io non ho nulla a che fare con il TUO futuro. Sono il tuo presente ora perché devo occuparmi di te e sarò sempre presente ogni volta che avrai bisogno di me, ma spero di avere ancora voglia di fare un sacco di cose nel MIO futuro, e di non chiederti mai di riempirmelo con la TUA vita.

Presto invece ti dirò di curare l'amicizia, perché a dispetto di tutto il resto, se hai la fortuna che ho avuto io, è davvero un tesoro. Gli amici su cui potrai contare veramente saranno pochi, ma ti accompagneranno nell'arco della vita. Vivrai con loro i momenti più liberi e spensierati della tua esistenza. Condividerai con loro le gioie e i dolori, senza patti, senza contratti, senza obblighi e finzioni. Solo per il piacere o il bisogno di farlo.

Studia tutto quello che puoi. Leggi tutto quello che puoi. Osserva tutto quello che puoi.
Ma tieni sempre presente che quella è la vita di altri. Non la tua.
Quindi prova.
Vai.
Fai.
Senza paura ma con attenzione.
Fidati senza fidarti.
Fai passare ogni informazione dai tuoi pensieri prima di credere.
Vivi con le persone. Sii presente.
Parla e ascolta.
E ridi.
Ridi più che puoi.
E balla.
Canta.
Suona.
Fatica.
Sogna.
Bacia.
Ama.

Sarà difficile imparare ad amare senza mai svendere il tuo amore.
Senza mai perderti di vista. Ci vuole tempo, esperienza, deviazioni.
Devia.
Ma ama con tanta te senza perdere te; che vuol dire semplicemente ama con spontaneità e sincerità.
Non importa quanto, se poco o tanto.
Ama con le tue regole irregolari, senza strategie.
Cerca di cogliere tutto il bene dall'energia che lo scambio alimenta e la forza che questo ti offre.
Con questa forza cresci.
Non sembra, ma è un metodo infallibile per crescere.
E quando non ami più o non sei più amata, accettalo come hai accettato l'amore. Che l'amore non vale per quanto dura ma per quello che è.

Quando ti senti in gabbia vola.
E se cadi, piangi.
Sarai più ricca e più grande.
Forse ammaccata ma più grande.

Spero che tu possa essere sempre sincera. E che tu possa imparare ad ascoltarti, per comprenderti.
Spero che tu non debba mai fingere,
mai,
per nessun motivo,
di essere altro da te.
Anche nella sofferenza.
Anche se per sopravvivenza.
Spero che tu non debba farlo mai.

Spero tu possa fare un lavoro che ami. Che tu possa essere indipendente.
Che tu possa cambiare spesso,
non so bene cosa,
ma cambiare purifica.
Sarebbe bello tu potessi rinascere ogni primavera.

Spero che tu riesca a viaggiare, conoscere,
e imparare che tutto può essere normale o diverso.
Spero tu possa innamorarti delle differenze per riuscire a stare in armonia con l'universo.
E vivere rispettando la vita.
Libera.

Conta su di te. Io ci sono.

Cerca di fare quello che ti piace fare.
A me ad esempio piace guardarti, anche mentre dormi.

Dorme.
Sogni belli bambina.







lunedì 14 ottobre 2013

Giro girotondo...

Sono dati di fatto,
certezze,
consapevolezze, 
realtà.
Ma sono in mezzo al girotondo 
e tu le le vedi solo nel momento del "tutti giù per terra".
Il tempo restante sono nascoste da coloro che girano.
E girano, girano.
E cantano.
Tutti mano nella mano, per gioco.
"Giro girotondo
casca il mondo
casca la terra
tutti giù per terra."
Parole di gran significato
non ci avevo mai pensato.



Non avevo mai capito il significato del "chi si ferma è perduto".
Chi esce dal girotondo è perduto.
E questo non significa che sia malato, povero, derelitto o moribondo.
E neppure disperato.
Semplicemente è perduto.
E questo non significa che si è perso e non lo vedrete più.
Semplicemente è perduto.
E questo non significa necessariamente che stia peggio di voi,
che non trovi mai quiete
o che siano a lui negati attimi di felicità.
Semplicemente è perduto.
Esce dal girotondo. Forse si è fatto male buttandosi per terra.
Forse è cascato il mondo. Forse è cascata la terra.

Forse si è stancato di girare in tondo.
Non gioca più con voi.

Forse fa il suo gioco.
Forse si è ritrovato.

"Chi si ferma è perduto ma forse si perde tanto chi non si ferma mai..."

mercoledì 2 ottobre 2013

L'uomo che cammina






Provate ora ad immaginare un uomo che cammina avanti e indietro all'imbocco di una via. E ogni tanto sbircia dentro, come se aspettasse di veder apparire qualcosa. O qualcuno.
Non fa niente. Perde tempo. 
Minuti, ore, giorni, mesi, anni.
E perde passi. Energie.
Avanti e indietro.


Ci sono cose che non fa perché conosce fin dall'inizio la fine. O crede di conoscerla.
Strade che evita perché sa, che una volta imboccate, portano in un unico luogo. O pensa di saperlo.
Ma per una "sconosciuta" attrazione continua a passarci davanti, a sbirciare, trattenendosi dal fare qualche passo in più. Nel timore sia un passo falso. Allora sta fermo. Fondamentalmente spaventato ma al tempo stesso speranzoso che possa arrivare da un momento all'altro un segnale a sbloccare il suo andirivieni. E a fargli imboccare la via.
Segnale che non coglierà.
Avanti e indietro.
Sbirciatina.
Avanti e indietro.
Il luogo in fondo alla strada rimarrà sempre il luogo migliore del mondo proprio perché non lo vedrà mai. Neppure da lontano. E continuerà a passare davanti a quella strada dimenticando l'esistenza di altre strade. Un avanti e indietro senza fine che non lo porterà in nessun luogo. 


Ora immaginate un uomo che passa davanti alla stessa strada. Passa di fianco al nostro amico e si incammina verso quel luogo che, qualcuno immagina, sia il migliore del mondo. Non sapremo mai se è realmente così. Se l'uomo che cammina proseguirà, si fermerà o arriverà. Forse semplicemente ci abita da sempre in quella strada.
Ma il solo fatto di vederlo imboccare la via, scatena nell'uomo che sbircia uno strano sentimento, che gli procurerà pensieri malevoli nei confronti di un normale uomo che cammina e gli farà dire che il luogo in fondo alla strada è il luogo peggiore del mondo. 

her.etico

Immagine: "L'uomo che cammina" di Alberto Giacometti

venerdì 20 settembre 2013

La ricerca dimenticata





 Il violinista pazzo


Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all' improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all' improvviso se ne andò, e invano
sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano,
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.
Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì
d' essere malmaritata,
L' appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d' aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.
In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell' anima gemella,
quella parte che ci completa,
l' ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell' ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda
risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere
la melodia del violinista pazzo.
Fernando Pessoa




La ricerca dimenticata

Il paese si levò con un tremore. Tutti si chiesero da dove arrivasse tanta forza. 
Le persone uscirono di corsa dalle case e le strade si riempirono di vita che temeva la morte. La paura li accompagnò e la loro pelle divenne trasparente.
Era giunto un messaggero.

I messaggeri amano mascherarsi, per umiltà. Non amano mostrare le piume. 
A volte prendono le sembianze di forze della natura e il loro messaggio arriva solo a chi lo vuole sentire.
Il messaggero arrivò e portò distruzione e dolore. 
Caos.
Suo malgrado. 
Non conosceva la terra degli uomini e i muri che essi avevano costruito. 
Irruppe tra loro con tutta la sua energia e non fu accolto come un benevolo ospite, ma come un mostro. Un mostro che rubava sicurezza e ordine. Un mostro che rompeva la "roba" e faceva male. Un mostro che distruggeva e alimentava bisogni e desideri.
Non era bene.
Non pareva bene.
Si pensa, a volte, di sapere quale sia il nostro bene. 

Dopo qualche giorno dall'arrivo del messaggero nel villaggio tutto era cambiato.
Gli abitanti vennero avvolti da un'inquietudine con la parvenza di eterno. Pareva avesse messo radici nel loro stomaco e che queste radici avessero ramificazioni in ogni remoto angolo del loro corpo. 
Le mura tanto amate si erano trasformate in pericoli e gli abitanti trovavano una misera pace solo all'esterno. Tra la terra e il cielo.
E fu tra la terra e il cielo che avvenne un piccolo miracolo. Alcune anime estinte che si erano allontanate si sentirono meno lontane. 
Pareva che anche le mura di dentro fossero state colpite dalla forza dirompente del messaggero. 
Si avvicinarono.
Si guardarono.
Si compresero.
Le radici dell'inquietudine si ritirarono di fronte alla potenza dell'avversario. Alla sua energia.
E allora tornò la quiete.

La quiete è generosa. Quando arriva, arriva dappertutto, per antagonismo con la sua opposta, non trascura neppure una piccola unghia di mignolo. 
La quiete la senti nelle ossa mentre si rilassano. Fanno quasi male mentre si apprestano a stare bene. E sai che devi assaporarla tutta, perché essendo farfalla, potrà durare un'ora, un giorno, ma non tanto di più.
In quel momento di quiete le anime estinte si risvegliarono e si misero alla ricerca di significati. Li cercarono dappertutto; guardando il cielo e le pietre. Li trovarono affidandosi al loro sole, ascoltando altre anime e sorridendo.
Era facile; la giostra era ferma e il suo cigolio non confondeva il signore del silenzio.
Si sentirono come se avessero ripreso un cammino che avevano iniziano tempo addietro e perciò non si spaventarono nel vedere ciò che ancora non conoscevano. Curiose comprendevano.
Ma durante la comprensione, a poco a poco, ricominciò il cigolio.
Creò confusione.
La suscettibile quiete, offesa, se ne andò.
Lentamente le anime estinte ricominciarono a nascondersi nei loro scrigni per non sentire il rumore della finzione, timorose di contaminazione.
Costrette a seguire il cigolio della giostra si persero di nuovo. Ma con qualche nozione di percorso e di orientamento in più. Tornò l'inquietudine, ma la sua prepotenza non trovò lamento e imparò a stare al suo posto e al suo tempo. 
Le anime sapevano che non sarebbe più accaduto. Che la ricerca non sarebbe più caduta nel vuoto del non ricordo, dimenticata, ma che l'avrebbero solamente celata. Per permetterle di sopravvivere.
Lo compresero e mentre pagavano il biglietto, si scambiarono un complice sguardo e sorrisero beffarde alla giostra, sempre più cigolante, sempre più obsoleta.



sabato 7 settembre 2013

Fiducia

Questo è il primo post di una nuova etichetta di her.etico: Parole



Rimase davanti alla piccola porta per un tempo che le parve interminabile. E le parve interminabile perchè le sue gambe continuavano a muoversi. I suoi piedi continuavano a pestare.
Guardava incerta e curiosa, come si guarda da un buco della serratura. S'intravedeva ben poco dal piccolo spazio di vetro che rimaneva nitido.
Fuori era freddo. Dentro era caldo.
Dentro era freddo.
Dentro e fuori di lei era tutto freddo.
Non capì mai come riuscì ad entrare nella bottega quel giorno. Per ore ed ore era rimasta fuori a guardare, aspettando chissà quale segnale la spingesse a varcare quella soglia.
Anche quel giorno non arrivò nessun segnale. Ma entrò.
Non ci è dato sapere il perché, in certi momenti, azioni che ci sembrano impossibili, improvvisamente diventano semplici.
Semplicemente quel giorno entrò.

Ad accoglierla neppure una voce. Solo silenzio e sguardo.
Sguardo che si alza da una pagina per guardarla.
Un cenno di sorriso. Un tacito invito a parlare.
"Buongiorno"- disse lei con un filo di voce.
Sguardo che si abbassa per non guardare. E vede i suoi piedi. Che pestano il pavimento.

"Buongiorno a lei signorina" - disse la voce. - "Come posso esserle utile?"

Non controllava più i piedi ma parlò:
"Io mi chiedevo, che cosa vendete in questo posto? Non riesco a vedere niente da fuori. Non vedo nessun prodotto."

Il sorriso di fronte a lei si allargò e lo sguardo divenne tenerezza.
"Venga signorina, si avvicini a me. Non abbia timore."

In quell'istante un suono di ambulanza le fece frullare la testa. La girò da una parte all'altra, quasi volesse assicurarsi che il suono assordante venisse da fuori. E non da dentro.

"C'è un ospedale vicino?
Non potrei mai vivere vicino ad un ospedale. Il suono dell'ambulanza mi entra dentro. Mi sembra di continuare a sentirlo per minuti, a volte ore. Ci rimane a lungo dentro le mie orecchie, dentro la mia testa. Non riesco a togliermelo di dosso fino a che non lo sostituisco con musica. Musica pesante. Musica assordante. Più forte di quella dell'ambulanza.
Quando ero piccola mi spaventava tanto. Pensavo sempre che all'interno ci potessero essere mamma o papà. O i miei fratelli. Feriti. Morti. Crescendo ho iniziato a fare telefonate. Ogni volta che passava l'ambulanza telefonavo a tutti.
Non mi chieda il perchè. Non credo ci sia un perchè. Forse è solo timore di perdita. O di dolore. Dolore sulle altre persone.
Io ho tanto timore di perdita. Tanto timore di dolore.
Pensi che ho tanto timore che, per timore, mi temo.
Temo di fare cose che possano arrecare dolore a qualcuno. E per timore di arrecare dolore a qualcuno non mi muovo, non faccio nulla. Vivo una vita immobile.
Ma da qualche tempo le mie gambe hanno iniziato a muoversi. Non le controllo più. Si muovono da sole.
Pestano. Pestano. Pestano.
Non so perchè sono entrata in questo posto. Devo andare ora. Non so perchè le ho raccontato queste cose. Le chiedo scusa. Ora devo andare."
E si avvicinò alla porta.

"Si fermi, la prego!" la voce divenne corpo e una mano le prese una mano.

Intorno a lei tutto era polvere. Non si capacitava del fatto di essere in quella strana bottega, con quello strano personaggio che la tratteneva. Tenendola per mano.
Provò a sentirsi. Non aveva paura.

Lo strano personaggio parlò: "Io credo che le sue gambe e i suoi piedi abbiano tanto bisogno di correre. Credo che siano stanchi e arrabbiati. Molto arrabbiati."

"Sono arrabbiati anche loro con me?"

"No."- le disse lui con tenero sguardo - "Non con te piccola anima addormentata."

Le lasciò dolcemente la mano e si avvicinò ad una cassettiera. Con sforzo aprì un cassetto indurito dagli anni e cercò. La sua mano uscì dal cassetto portando un minuscolo cofanetto.
Tornò a lei e le disse quasi sussurrando:

"Questa è la tua parola, FIDUCIA"











martedì 11 giugno 2013

LUCI ed OMBRE (lo straniero)

Le ombre se ne stavano tranquille
al loro posto
ma il solito rompiscatole pensò
e dopo aver pensato disse che non erano buone e giuste
ed iniziò la persecuzione.


Primo incontro:
"Zdhirtrfd esnhiresre fi ogmbriethz? (Cosa sono le ombre?)" -  chiese un giorno uno straniero curioso di passaggio sulla terra ad un anziano seduto su una seggiola davanti ad un bar dove all'interno si consumavano mani di massaie che con la monetina del carrello della Coop grattavano dei biglietti colorati e mentre grattavano parlavano e parlavano ed usciva da tutto questo cicaleccio una nenia strana fatta di lamento e di pettegolezzo che emanava un olezzo pernicioso.

(Lo straniero veniva da un pianeta senza sole e noi sappiamo bene che le ombre vivono solo dove c'è luce. Luce ed ombra non possono fare a meno l'una dell'altra.) 

L'anziano rispose: "Varda par tera. (Guarda per terra.)" (Non ci è dato sapere quale fosse il suo dialetto perchè non conosciamo il luogo in cui avvenne la conversazione.)
Il bar era in ombra in quel momento e lo straniero guardando a terra vide solo un pacchetto di sigarette vuoto, una carta prepagata, una cicles masticata, una bottiglietta di plastica consumata, una lattina di birra schiacciata, e cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, mozziconi di sigaretta fumata.
"Nbgki vidhgu ndkbruienli! (Non vedo niente!)"- disse lo straniero.
"Tze orb alora....(Sei orbo allora.)"- rispose l'anziano.
Lo straniero, che chiameremo Fredo o Frodo o Frido a seconda del momento, si allontanò, mentre un giovanotto gridò: "FUCK!!!" - schiacciando una cacca di cane che era sfuggita nella panoramica precedente.

Secondo incontro:
Frido si avvicinò cavalcando il suo cavallo di cartapesta ad una casa gialla.
Suonò il campanello.
Una voce stridula dall'interno gridò: "Chi è?"
"Zdhirtrfd esnhiresre fi ogmbriethz? (Cosa sono le ombre?)"- chiese Frido senza neppure presentarsi.
Si aprì il cancello, si aprì la porta, si aprì la tenda della doccia dalla quale uscì una donna che aveva un enorme seno, una enorme bocca e un naso piiiiccolo piccolo piccolo.
Piccolissimo.
"Che buffa domanda! Io non ti so rispondere straniero. Non capisco la tua lingua ma entra e vieni." - disse la signora infilandosi tutta quanta in un accappatoio color amaranto.
"Efzji niuscjihuni ab cazjia? (Non c'è nessun altro in casa?)" - chiese Fredo alla signora.
La signora iniziò a scuotere la testa. Destra sinistra destra sinistra.
"Sono sola. Nessuno non c'è."
Frodo vedeva un uomo sul divano con un telecomando in mano, con un telefonino nell'altra mano, con un computer sulle ginocchia e un tagliaerba che spingeva con un piede come fosse la carrozzina di un bambino da cullare. Avanti indietro avanti indietro.
E rivolto a Nessuno ripeté la sua domanda.
Nessuno alzò lo sguardo e disse semplicemente: "Non mi occupo di fantascienza."
Frido uscì dalla doccia, dalla porta, dal cancello e leggermente stordito salì sul cavallo di cartapesta.

Terzo incontro:
Un bambino correva lungo una strana strada grande piena di auto di ogni foggia e colore e camion e treni e aerei e navi.
"Fermati bambino! Da chi stai scappando?" (Dopo due ore di incomunicabilità aveva comprato un iPhone 10 e scaricato una app di traduzione  simultanea.)
Il bambino continuando a correre disse ansimando: "Dalla mia ombra"
"E perché mai? Che ti ha fatto la tua ombra?" - chiese Fredo
"Nulla, nulla, ma tutti mi dicono che devo scappare da lei e che l'unico modo per evitarla è correre, correre, correre. Tutto il giorno, tutto il mese, tutto l'anno, tutta la vita."
Frido era sempre più perplesso. "Che strane persone quelle che insegnano ad un bambino a correre per evitare un'ombra. Certo deve essere proprio una cosa malvagia e scura per fare tanta paura."

Quarto incontro:
Frodo era stanco. Aveva sete e fame. Arrivò a Roma.
Vide un bel palazzo con una grande porta e vide un uomo sudato che aveva una telecamera in mano.
Filmava il nulla.
"Cosa c'è di interessante da filmare? - chiese all'uomo sudato.
"Non le vede? Filmo le ombre che entrano nel palazzo del potere."
Fredo guardò meglio ma non riuscì a vedere nessuna ombra.
L'uomo sudato ebbe pena di Frido che si guardava intorno perplesso e con gentilezza gli disse: "Lei signor straniero non lo può sapere, ma noi ormai vediamo coloro che frequentano questo palazzo come ombre. Non riusciamo a vedere luce intorno a loro."

Quinto (ed ultimo) incontro:
Fredo affranto, non credeva più. Non avrebbe avuto la sua risposta. Si sedette su un muretto. Guardò verso il cielo. Il sole lo accecava. Abbassò lo sguardo.
Vide una figura nera. Si alzò. Si alzò anche lei.
Accanto a lui una ragazza si bagnava il collo con un fazzolettino bianco.
"Il caldo, mi piace il caldo." - disse con fil di voce.
"Sei triste? - le chiese Frido - Sei felice?"
"Sono triste e sono felice. Dipende. Mi piace essere triste e felice perché sono. Se fossi sempre triste o sempre felice non sarei. Mi piace essere a volte forte e a volte fragile. Mi piace piangere e mi piace ridere. Mi piace essere a volte simpatica e a volte antipatica. Mi piace essere me anche se a volte non mi piace per niente."
La ragazza si tolse il vestito e nuda lo baciò dolcemente con la lingua (morbido). Ed entrò nella fontana.
Una sirena partì, un'ambulanza arrivò e due ombre braccarono la ragazza. La ragazza aprì la bocca e li morsicò aggressivamente con i denti (duro).

E lo straniero capì.


"Lo straniero prese il suo cavallo di cartapesta e ci salutò con queste parole (vi faccio la simultanea che la sua è una lingua difficilissima):

"Grazie a voi ho scoperto di essere migliore di quanto pensassi.
Ho scoperto che siete fatti di luce e di ombre. Che le ombre sono le vostre paure, i vostri sensi di colpa, i vostri rancori e i vostri silenzi. E tutto ciò che vi obbligano a controllare fin da bambini. Ma che non potete controllarle in eterno e allora fate cose strane, a volte molto brutte, per dimenticarle e difendervi da esse. Dovreste fare un corso di autodifesa. Da voi stessi però. (Insomma, rilassatevi un pochino.)
Ho scoperto che ci sono anime che riescono a farvi sentire peggio di ciò che siete in realtà. Perché sono piene di ombre che non conoscono. E sono infastidite dalla luce.
Ho scoperto che, per queste anime, l'unico modo per controllare la luce è tenere ancorata in qualche modo l'ombra altrui. 
Ho scoperto che sono rarissimi i grandi in grado di accettare le fragilità e le altalene umane e che per distribuire energia senza sentirsi violati bisogna avere davvero tanta, tanta, tanta luce (e io non ce l'ho). Ma che per avere tanta luce bisogna amare anche la propria ombra.

Ho scoperto che le ombre sono importanti e affascinanti e dovete voler loro bene, per riuscire a prenderle per mano. Che l'ombra è tutto ciò che sta nascosto. 
Ma è fondamentale che non sia nascosta a voi stessi.
Ho scoperto che, in realtà, siamo i primi ad aver paura della nostra luce e che a volte è più semplice crogiolarsi nella propria ombra.
Ho scoperto che chi vi ama vi segue in luce e in ombra. Non dovete camuffarvi.
Ho scoperto che non sarò mai certo delle mie scoperte. 
Addio! Szvgjilougsrt!"
Lo straniero partì per il suo viaggio senza ritorno. Disse solo un'ultima parola senza neppure voltarsi.
Disse: FUCK!!!
Chissà perchè le parolacce si imparano con tanta facilità...."





Fine del delirio. Se avete bisogno di una traduzione sapete dove trovarmi.
her. etico

sabato 25 maggio 2013

Come si può resistere alle farfalle...

Colei che mi ospita nel suo corpo ha fatto uno spettacolo.
Non posso lasciarla sola un attimo che mi entra in confusione....

                                          Foto Gianluca Diegoli

C'è un momento
che è molto più di un momento
nel quale ti trovi dietro ad una quinta
(che non vuol dire dietro ad una taglia quinta)
Stai aspettando che arrivi un altro momento,
quello in cui tutto ha inizio
e quando ha inizio, sei dentro
e quando sei dentro, tutto si trasforma. 
In un momento.

Ma facciamo un passo indietro ed andiamo al momento che precede il primo momento.

L'attesa felice.
Ripensare ad un'attesa felice è quasi commovente. Questo genere di attesa ci proietta in quella dimensione, per la quale l'uomo, entra nell'arco temporale dell'adolescente.
Attende un futuro e lo può immaginare.
L'attesa rimane forse il momento più puro e fantasioso. Quello nel quale fatichi a non avere aspettative molto alte ma al tempo stesso le temi.
Tutto è concentrato sull'imminente futuro che attendi con trepidazione e questo ti porta a sentirti agitato ma felice, a comportarti come un essere "immaturo".
Un essere con le farfalle nella pancia. Con l'adrenalina bella, positiva, energetica.

Il post-attesa, ovvero il momento in cui stai per rendere concreta la proiezione....
....è tutta un'altra cosa.
Almeno per me. [Per lei]
E' un momento quasi drammatico.
Proviamo a trasportare queste (mie) riflessioni generali in un preciso contesto. In un teatro.
E proviamo a descrivere cosa il corpo e il cervello combinano....

Nonostante tu abbia studiato, ripetuto, provato e riprovato, in quel momento il tuo cervello è spappolato.
Sei talmente preoccupato, che per allontanare l'idea di non ricordare la parte, la ripeti in continuazione, fuori e dentro te stesso.
Nessuno ti può consolare o rassicurare. Vuoi essere solo col tuo "dramma" e le tue parole.
Nel frattempo senti entrare il pubblico, non vedi ma senti.
In quel momento dici:
"Non ce la faccio, non lo farò mai più."
Lo stomaco, la pancia, le gambe, le braccia, la parte bassa della schiena (quella dove ci sono le due buchette), la testa, la pelle. Tutto il corpo ti manda qualche segnale.
Non c'è neppure un angolino di carne che se ne stia tranquillo.

Che sia bello?
Non lo so. Non so rispondere.
So soltanto che fatichi a mettere in fila i pensieri.
Qualche sbirciatina in platea.
Buio.
Musica.
E' il momento.
Fuori.

Da adesso in poi è un vortice. Vai in automatico.
Non importa se sbagli, se tardi, se inciampi, se cadi.
Non ti puoi fermare.
Che sia bello?
Si, è bello, ma non te ne accorgi. Lo senti bello dopo, nel ricordo.
L'ho detto, è un vortice. E dura un momento.
Un momento lungo uno spettacolo.

Poi finalmente senti gli applausi. Senti che coloro per cui hai studiato, ripetuto, provato e riprovato hanno vissuto, anche grazie a te, un bel momento lungo uno spettacolo.
Senti che tornano le farfalle nella pancia.

FINE
Si spengono le luci.
Forse non lo farai mai più. 
Pensi che potrebbero fare anche un po' di male tutte queste farfalle che volano, che fanno andare più veloce il cuore, che rendono caotici i pensieri.
Forse non lo farai mai più.
Stanco.

Poi vedi a terra quelli che sono già ricordi.
Il momento di paura prima dell'inizio è già sfumato.
E mentre ti prendi gli abbracci pensi:
"Come si può resistere alle farfalle nella pancia..."


Cordiali saluti.
Un farfallosissimo
her.etico




lunedì 20 maggio 2013

Tutto a posto

"Mamma, domani mattina alle quattro è il compleanno del terremoto?"
Angelica


Si.
Pensate all'immenso significato di questa "piccola" frase.
E' passato. 
Ogni evento che si commemora è passato. 
E se un bambino pensa a questo giorno come ad un compleanno, significa che lo ha messo tra i ricordi.
Mi sono addormentata con queste parole che nuotavano nei miei pensieri ieri sera.
Parole dolcissime e spontanee.
E' passato.
Abbiamo "festeggiato" ed è passato. Per sempre.
Ora basta.
E non importa quello che c'è o che non c'è.
Non importa se al posto di un teatro c'è una tenda.
Machissenefrega!
C'è spazio e c'è un palco.
Non importa se ciò che vedi non rientra proprio nei canoni architettonici classici.
Machissenefrega!
E' solamente diverso. E' cambiato.
Come è cambiato un pezzettino del nostro esistere.
Ma non è nulla di irrisolvibile.
E' passato.

Non mi piacciono le ricorrenze in generale e le feste comandate. Non mi piacciono le formalità e sono allergica alle ipocrisie. Quelle piccole, quotidiane, dettate da un dover essere o da un dover far vedere.
Ora più che mai.
Ma mi piace la musica. Farei parlare sempre lei in certe occasioni. C'è stato un bel concerto ieri sera.
E' passato.

Ogni evento ha un compleanno. Che sia brutto o che sia bello.
Ci sono compleanni di gioia e compleanni di dolore.
Ci sono "terremoti" di ogni genere.
A volte irrisolvibili.
Il problema grande non è quando mancano le cose ma quando mancano le persone che possono risolvere, costruire le cose, ideare le idee, sognare le meraviglie.
Ce le abbiamo le PERSONE? Voglio rispondere SI.

Io penso che siamo un mondo fragile. Sempre più fragile.
Abitato da una fragile umanità che cerca di evitare i "terremoti" come la peste. Che si illude di controllare il caos. Ma non sempre è possibile, nonostante qualcuno ci metta tutta la buona volontà e la costante attenzione. Non è mai stato possibile.
Perché i "terremoti" fanno parte della vita e vanno affrontati di petto.
E nel petto che cosa abbiamo?

Abbiamo un "oggetto" spesso dimenticato
o stretto da un filo spinato
o congelato
o snobbato
o calpestato
o sprecato...
A volte ci si ricorda di lui solo quando sanguina.
Per il resto è tutto un MIO
un IO
un MIO DIO.
Si, perché c'è anche chi si crogiola nei problemi. Forse se ne serve per deviare i pensieri da altro. Troppo suo.
Forse se ne serve per dare un senso alla pigrizia. Tempo buttato.

E' passato.
Con questo post si chiude un capitolo.
Con questo compleanno ho aperto un libro.
Puoi prenderti un po' di tempo per aspettare te stesso, ma non perdere tempo ad aspettare.
Io penso che una buona fetta del pensiero di un essere che si considera VIVENTE, debba essere seguito da azioni concrete o sviluppo della conoscenza. Il pensiero forte è energia e prima o poi diventa azione o comprensione. O almeno condivisione proiettata a stimolare azione e comprensione.
Altrimenti è semplice logorio cerebrale.

L'etichetta "Moto di terra" termina qui.

Per il resto: Tutto a posto. 

Un incredibilmente sportivo in ogni senso
her.etico



lunedì 13 maggio 2013

Tu puoi essere, anzi certamente sei...





A volte immagino che ai distributori, anzichè benzina, si possa fare il pieno di quelle "parole energetiche" che spesso ci vengono a mancare. Per svariati motivi.
Immaginate anche voi di svegliarvi la mattina, stiracchiarvi un po', e valutare di quale pieno avete bisogno.
Ora prendete una bicicletta e...
...pedalate.
Le pompe, al distributore, sono tutte colorate.

C'è la pompa verde, che è quella dove devi pazientare un po', perché c'è sempre la fila.
Certo, quella è la pompa della speranza. Un articolo oggi quasi indispensabile ma poco fruibile.

La pompa blu è quella dell'autostima. Le persone in genere vanno di notte, non amano far vedere che ne fanno uso. Quindi se non temi la luce del sole, la mattina puoi trovarla disponibile. L'autostima viene distribuita in dosi perfettamente equilibrate. Hanno scoperto che l'abuso può essere dannoso al prossimo. Ti impedisce di farti domande, di metterti nei panni altrui. Può limitare la comprensione.

La pompa della volontà è di colore giallo. Tanto utile nei momenti in cui tutto ciò che fai ti appare inutile. Quelli in cui, come si usa dire: "Ti passa la voglia".

Ecco, se la pompa gialla non funziona, a fianco, troverai quella celeste. Più che una pompa uno scrigno del tesoro. Distribuisce fiducia. Non farti scrupoli e spendici pure qualche minuto in più. Te ne servirà a palate. Rarissimi sono i distributori umani di fiducia. E' una cosa che devi assolutamente garantirti da tè. Ogni giorno.
Serve per crederci. La devi tenere con cura in un fazzolettino profumato. Lo devi mettere in un taschino ed annusarlo ogni volta che ne senti la necessità.

Un piccola boccata alla pompa del buon umore non guasta mai. Anche i dispensatori umani di buon umore sono sempre più rari. Non contarci.
La pompa è arancione. Caricati e non essere avaro. Distribuiscine un po' in giro se puoi.

Ora non ti resta che una boccata alla pompa bianca. E' quella della lucidità. Ma essendo articolo di nicchia, non tutti la frequentano.
Provala. Secondo me aiuta tanto. Aiuta soprattutto nei momenti in cui ti senti sbagliato. Ricorda che, a meno che tu non sia un malavitoso o proprio un cattivone, dipende solo dai punti di vista. La lucidità ti serve a comprendere che nessuno è giusto o sbagliato. Al massimo è solo amato o non amato. Capito o non capito. Stimato o non stimato. Rifletti ora...

....e mentre stai per allontanarti dal distributore, vedrai in un angolo una pompa color amaranto. E' un po' nascosta, non tutti la vedono. Alcuni si avvicinano e provano ad usufruirne. Infilano monetine su monetine ma non riescono a farla funzionare.
Ricorda: è un abbaglio.
Sta lì per farti capire che il suo ipotetico contenuto non puoi riuscire a comprarlo in nessun modo e neppure a garantirtelo da tè.
Quella è una pompa a ricarica umana. Non tutti la sanno utilizzare. Se ti riesce, puoi scordarti le altre.

Vi saluto che devo fare un salto al distributore. In bici.
Buona settimana!
her.etico

Concluderei con un dispensatore umano di parole energetiche...



Dimenticavo...
...ricorda Jack...
...c'è una sola cosa nella vita che devi stare molto attento a non farti fregare.
La vita. ;-)
Occhio! Il mondo è pieno di ladruncoli.


giovedì 2 maggio 2013

Il museo delle pietre preziose

"Gli adolescenti avvertono dentro di sè una segreta e speciale grandezza che lotta per esprimersi. E quando cercano di spiegare questa cosa, istintivamente portano la mano al cuore: non è un indizio significativo?"
Joseph Chilton Pearce   "Evolutions End"





Angelica sta dormendo nel suo letto.
Si è addormentata giocando. Oggi ha utilizzato un sacco di energie.

Questa sera ha creato un museo nella sua camera.

Il museo delle pietre preziose.

Aveva comperato due piccole pietre a Barcellona e oggi si è fatta portare dai nonni altre pietre. Vecchi ricordi d'infanzia di bambini passati.
Le ha sistemate con cura dentro a due cofanetti di legno che le ho comprato al mercatino.
Ha liberato la scrivania. Vi ha appoggiato gli scrigni aperti e un atlante, nel quale ha cercato i luoghi dove si raccolgono le sue pietre.
Poi, ha attaccato al suo armadio delle immagini di minerali.
E sulla porta un cartello:
"Museo delle pietre preziose".

Terminata la sua opera, senza disturbare, si è coricata. E addormentata.
Aveva un progetto.
Ora ha un museo.

Ho ancora un sacco di cose da imparare da lei.
Le devo imparare perchè credo di non ricordarle più.
Le vorrei imparare perchè temo che quello che ci sta girando intorno contamini presto anche lei.
Le devo imparare perchè credo che in tanti abbiamo un progetto, che in qualche modo assomiglia al suo.
Ma abbiamo anche paura.
E lei non ne ha.
Anche io non ne avevo.
Ma ora siamo circondati. Circondati da fiumi che portano notizie negative. Da pensieri che fanno di tutto per tenerti a terra. Da fumo.

Oggi ho letto questa frase:
"Si può scoprire il proprio mistero solo a prezzo della propria innocenza."
Robertson Davies   "Il quinto incomodo"

Forse un po' è vero, ma stasera sento che è l'esatto contrario. Che quando perdi l'innocenza non c'è più mistero. Che non c'è mistero più misterioso dell'innocenza. Quel mistero che ti fa credere che tutto sia possibile e realizzabile.
Il semplice mistero del fare.
Senza pensare al domani.
Senza pensare alla crisi.
Senza pensare se sia giusto o sbagliato.
Senza pensare troppo.
Fare.



"Posso anche fare pagare il biglietto per entrare!"
Angelica

La adoro...
her.etico



sabato 20 aprile 2013

Se ci fosse un uomo





Se ci fosse un uomo

Se ci fosse un uomo
un uomo nuovo e forte
forte nel guardare sorridente
la sua oscura realtà del presente.
Se ci fosse un uomo
forte di una tendenza senza nome
se non quella di umana elevazione
forte come una vita che é in attesa
di una rinascita improvvisa.
Se ci fosse un uomo
generoso e forte
forte nel gestire ciò che ha intorno
senza intaccare il suo equilibrio interno
forte nell'odiare l'arroganza
di chi esibisce una falsa coscienza
forte nel custodire con impegno
la parte più viva del suo sogno
se ci fosse un uomo.
Questo nostro mondo ormai è impazzito
e diventa sempre più volgare
popolato da un assurdo mito
che è il potere.
Questo nostro mondo è avido e incapace
sempre in corsa e sempre più infelice
popolato da un bisogno estremo
e da una smania vuota che sarebbe vita
se ci fosse un uomo...
Allora si potrebbe immaginare
un umanesimo nuovo
con la speranza di veder morire
questo nostro medioevo.
Col desiderio
che in una terra sconosciuta
ci sia di nuovo l'uomo
al centro della vita.
Allora si potrebbe immaginare
un neo rinascimento
un individuo tutto da inventare
in continuo movimento.
Con la certezza
che in un futuro non lontano
al centro della vita
ci sia di nuovo l'uomo.
Un uomo affascinato
da uno spazio vuoto
che va ancora popolato.
Popolato da corpi e da anime gioiose
che sanno entrare di slancio
nel cuore delle cose.
Popolato di fervore
e di gente innamorata
ma che crede all'amore
come una cosa concreta.
Popolato da un uomo
che ha scelto il suo cammino
senza gesti clamorosi
per sentirsi qualcuno.
Popolato da chi vive
senza alcuna ipocrisia
col rispetto di se stesso
e della propria pulizia.
Uno spazio vuoto
che va ancora popolato.
Popolato da un uomo talmente vero
che non ha la presunzione
di abbracciare il mondo intero.
Popolato da chi crede
nell' individualismo
ma combatte con forza
qualsiasi forma di egoismo.
Popolato da chi odia il potere
e i suoi eccessi
ma che apprezza
un potere esercitato su se stessi.
Popolato da chi ignora
il passato e il futuro
e che inizia la sua storia
dal punto zero
Uno spazio vuoto
che va ancora popolato.
Popolato da chi é certo
che la donna e l'uomo
siano il grande motore
del cammino umano.
Popolato da un bisogno
che diventa l'espressione
di un gran senso religioso
ma non di religione.
Popolato da chi crede
in una fede sconosciuta
dov'é la morte che scompare
quando appare la vita.
Popolato da un uomo
cui non basta il crocefisso
ma che cerca di trovare
un Dio dentro se stesso.

Giorgio Gaber
Sandro Luporini      

domenica 17 febbraio 2013

Viaggiatrici e Viaggiatori

(Come si disegna la vita post 2)

Passerà anche questa stazione, senza far male.
Passerà questa pioggia sottile, come passa il dolore.
da Hotel Supramonte
Meravigliosa canzone di Fabrizio De Andrè che però non metterò in fondo al post per scelta tattica.




Perdonatemi.
Ci ho messo un po' di tempo a fare il mio disegno.
Non trovavo la matita. Non trovavo il foglio.
Poi ho sbagliato e...volevo cancellare, ma non trovavo la gomma.
Poi ho guardato Sanremo e mi sono distratto.
Poi Paco mi ha mangiato il disegno e l'ho dovuto rifare.
Poi ho guardato i programmi elettorali e ho perso tempo.
Poi è caduto un meteorite e me l'ha bruciato.
E ho ricominciato. Da capo.

In realtà...
...ci ho pensato a lungo.
La mia è un'immagine molto banale.
Un treno.
No, una stazione.
Entrambi.

Mi piace il treno.
E mi piacciono le stazioni. Senza ricamarci sopra troppa poesia con motivazioni arzigogolate.
Ognuno ha i suoi motivi per amare, odiare o provare indifferenza nei confronti del treno e delle stazioni. (E di tutto il resto.)
Il mio treno l'ho immaginato prevalentemente in corsa, tanto da concedermi di rado la vista dal finestrino.
A volte rallenta, e puoi vedere a tratti, luoghi desolati, e a tratti, scorci meravigliosi.
Raramente si ferma alla stazione.

Sul treno ci sono le Viaggiatrici e i Viaggiatori.

C'è chi viaggia in prima classe.
Non è che veda cose diverse da quelle che vedi tu. Il panorama è lo stesso. Semplicemente le guarda da una posizione privilegiata, da una poltrona più comoda. Certo, per lui il viaggio spesso è più facile, nella sua stazione di partenza c'erano un sacco di treni ad attenderlo.

Tra le migliaia di Viaggiatori che saliranno e scenderanno dal treno, pochi sono coloro che possono realmente condividere un viaggio con te.
C'è chi ti siede accanto, nello scompartimento, per un lungo tratto, ma il suo è un viaggio solitario. C'è chi invece rimarrà per un tragitto troppo breve.

Arriveranno Viaggiatrici che riempiranno lo scompartimento di un profumo buono. E vorresti non farle scendere mai.
Viaggiatori che ti faranno tanto ridere. E vorresti non farli scendere mai.

Potrai incontrare Viaggiatori che percorrono il tuo stesso cammino ma sul treno che ti corre a fianco. 
Ogni tanto ti affacci al finestrino e ne cogli lo sguardo. 
Avvenisse un incidente, potresti tirare il freno di emergenza e i treni per un attimo si fermerebbero insieme.
Per poi ripartire di nuovo.
Su binari paralleli.

Poi ci sono le stazioni.

Ad ogni stazione aspetterai, cercherai, a volte certo e a volte confuso, nel tabellone delle partenze, il tuo treno.
A volte lo perderai.
Ma non importa. Non fermarti alla stazione.

La stazione è piena di Viaggiatori stanchi.
Che con la loro valigia ormai troppo piena (o troppo vuota), stanno seduti nella sala d'aspetto con arie diverse.
Aria malinconica, aria supponente, aria rassegnata, aria cinica, senza aria.
Vai al binario. Poco importa se il prossimo treno non sarà ad alta velocità. Anche un regionale, con i suoi tempi, sarà un buon mezzo per proseguire il viaggio e incontrare altre Viaggiatrici e altri Viaggiatori.

Spero che abbiate gradito il mio disegno.
Musica. Mi raccomando. Ho scritto il post solo per farvi ascoltare la canzone (molto da viaggio in auto, verso il mare, in una notte d'estate).
Poi leggete anche la poesia sotto che è sublime.



          La stazione
Il mio arrivo nella città di N.
È avvenuto puntualmente.

Eri stato avvertito
con una lettera non spedita.

Hai fatto in tempo a non venire
all'ora prevista.

Il treno è arrivato sul terzo binario.
È scesa molta gente.

L'assenza della mia persona
si avviava verso l'uscita tra la folla.

Alcune donne mi hanno sostituito
frettolosamente
in quella fretta.

A una è corso incontro
qualcuno che non conoscevo,
ma lei lo ha riconosciuto
immediatamente.

Si sono scambiati
un bacio non nostro,
intanto si è perduta
una valigia non mia.

La stazione della città di N.
Ha superato bene la prova
di esistenza oggettiva.

L'insieme restava al suo posto.
I particolari si muovevano
sui binari designati.

È avvenuto perfino
l'incontro fissato.

Fuori dalla portata
della nostra presenza.

Nel paradiso perduto
della probabilità.

Altrove.
Altrove.
Come risuonano queste piccole parole.
Wislawa Szymborska
da PensieriParole

venerdì 8 febbraio 2013

"Come si disegna la vita?"



Angelica ha alzato lo sguardo dal foglio e mi ha offerto quella sua faccetta seria. Mi ha chiesto:
"Come si disegna la vita?"
Sorrido dentro. Per non farmi scoprire.
Non so se troverò la risposta, ci devo pensare un po'.

A scuola stanno facendo un percorso. Disegnano emozioni. Forse per questo le è venuto in mente di dare concretezza a un'astrazione.
Rispondendosi da sola, ha disegnato un mondo. E credo sia una rappresentazione giusta e generosa.
Perché la vita dipende.
L'immagine che ti appare pensando alla vita credo sia diversa per tutti.
Dipende da tanti fattori. Il luogo e la realtà in cui vivi sono fondamentali.
Il momento e il bisogno condizionano il pensiero.

Io penso, ad esempio, che un bambino che ha fame forse disegnerebbe del pane.
Un uomo in carcere una finestra aperta.
Un ragazzo forse disegnerebbe gli amici. In ogni parte del mondo.

Quello che la nostra immaginazione intende per "vita" varia nel corso degli anni. Col susseguirsi degli eventi.
La vita per qualcuno può essere una casa.
Per altri un mestiere.
Oppure può essere un volto. Uno sguardo.
Un'abbraccio. Un bambino.
Il mare.

Ha ragione Angelica. La vita è fuori, nel mondo.
E ognuno ha il suo personale disegno.

Vorrei fare un esperimento.
Prendete un foglio e una matita. Provate a chiudere gli occhi e a pensare alla parola "vita".
Disegnate l'immagine che vi ha riempito la mente.
La cosa più brutta che ci potrebbe capitare sarebbe non riuscire ad immaginare niente.
La cosa più bella sarebbe non avere abbastanza fogli in casa da riempire di vita.

Non sarebbe neppure male se questo disegno rappresentasse noi stessi.
Non credo sarebbe egocentrismo. Forse sarebbe solamente concretizzare un'altra astrazione. L'inizio.


Vi auguro un her notte
her etico



sabato 26 gennaio 2013

C'è tempo

Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e…
cerca di amare le domande,
che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano giorno in cui avrai la risposta.
Rainer Maria Rilke




Questa sera il ragazzo è andato a ballare.
All'Anima.
Quel posticino dove a volte all'ingresso mettono i braccialetti semaforo.
Rosso per i fidanzati.
Verde per i single.
Giallo per i perhaps.
L'ultima volta è tornato a casa disatteso.

L'Anima è distante. La corriera li passa a prendere nel parcheggio della Coop. Nella caverna.
Mi pare di vederli. In attesa. Della corriera. Della serata. Della ragazza. Della canzone. Della vita.
Provo sempre una tenerezza infinita per gli adolescenti. Lo sapete bene.

Questa sera ci siamo, come sempre, seduti sul letto, con l'armadio aperto e gli occhi aperti, a scegliere la maglietta e i jeans per la serata. A discutere sull'abbinamento dei colori.
Solitamente non mi chiede mai nulla, ma quando va a ballare la mia consulenza è di rito.
Esce dalla doccia e mi chiama.
A me piace. Svolgo questo compito con grande impegno e serietà. I ragazzi mi sa che li devi trattare con grande rispetto. Non devi mai sorridere delle loro emozioni. Non devi mai prenderli in giro. E forse riesci meglio quando hai anche tu le tue emozioni. E non sei parassita del loro vivere.


A volte penso che il più grande dispetto che possiamo fare a noi stessi e ai nostri figli sia vivere esclusivamente in funzione loro. E che sia il modo, forse involontario, per caricarci e caricarli di aspettative.
A volte penso che il regalo più grande che possiamo fare loro è quello di renderci emotivamente indipendenti. Cercare di avere vite, nel limite del possibile, appagate da eventi non derivanti dal loro essere.
Nel senso che non dobbiamo dipendere dai loro umori, dalla loro gioia di essere bambini o giovani, dalla loro vitalità. Penso che la maggior parte delle nostre preoccupazioni riguardo ai loro comportamenti si riveli, alla fine, inutile. Un inutile logorio.
Penso che dovremmo invece lavorare sul nostro umore, cercando di vivere la nostra vita limitando le frustrazioni, e aumentando le gratificazioni.
In due parole cercare di non delegare esclusivamente a loro la nostra felicità.
Dovremmo ogni tanto sentirci bambini, abbassare la guardia. Scansare per un momento le responsabilità.
Dovremmo sentire forte la nostra vitalità. Trovare il modo di nutrirci. Di procurarci energia. Per poter trasmettere a loro energia sincera e pulita. Non contaminata da stress o insoddisfazione.
Non sovraccarica di aspettative.

Non finiamo mai di sentirci alunni. Non sentiamoci mai "arrivati" come persone. Non pensiamo che un figlio sia un punto di arrivo, ma una bellissima postazione di partenza.
E' giusto continuare a porsi domande. Ed è normale faticare nel cercare le risposte.
C'è tempo per trovare le risposte.
Come genitori ma anche come donne e uomini.
Perché non credo sia sano vivere solo attraverso il ruolo di madre e di padre. Per i nostri figli può diventare un peso insopportabile. Per noi un alibi. Un alibi per non guardarci dentro.

Non dovrebbero mai sentire che le nostre emozioni sono strettamente collegate al loro essere.
Non dovrebbero mai pensare che una loro scelta potrebbe farci soffrire.
Sarebbe una enorme limitazione. Per loro.
E per noi stessi.

Penso che il ricatto affettivo sia una delle peggiori armi di distruzione della felicità e dell'evoluzione dell'individuo.

Non è facile ma pensa che c'è tempo. (Cerca di curare il tuo tempo)
Per un'amica.



All'Anima sarà caccia al braccialetto verde. Anche l'amore ha i suoi semafori.

riMani

Oggi voglio raccontarvi l’inizio di una storia. Una storia che in realtà non ha un inizio, e neppure una fine, perché è una storia circ...