mercoledì 4 dicembre 2013

La reprimenda



"Ogni favola è un gioco

se ti fermi a giocare

dopo un poco lasciala andare

non la puoi ritrovare 

in nessuna città

perché è vera soltanto a metà!"

E.B.




Ho dodici anni, compiuti da poco. Mi hanno regalato una bicicletta rossa.
(Ero così felice...)

Ho ricevuto una reprimenda.

Sono un ragazzino mortificato da una reprimenda.
Un bambino che si sente stupido e manchevole senza capire neppure il perché.
Al quale dicono di aver sbagliato, senza spiegargli un percome.
Forse ha sbagliato nel credere alle favole o a mostrare troppo entusiasmo per un gioco.
Forse ha preteso troppo; i ragazzini non si accontentano mai.
Forse non ha frenato al momento giusto.

Ma la bicicletta era rossa,
e nuova,
e luccicante,
e ho preso velocità e...
...sono scivolato.
Nessuno si è fatto male,
non io,
non la bicicletta.
Sono scivolato,
ma sono già in piedi e...
...e non lo faccio più.

Spiegatemi a chi ho fatto tanto male se secondo voi ho fatto del male.
Forse ho fatto male alle vostre paure?
Oppure vi ho solamente offerto un'occasione per rovesciare un cesto di rabbia che tenevate in equilibrio sulla testa. Un cesto invisibile ai miei occhi.

La reprimenda è un articolo da divisa,
da cattedra,
da precettore.
La reprimenda ti lascia senza parole,
senza possibilità di difesa,
lo dice la parola stessa:
ti reprime.
A volte agisce volontariamente sulle tue parti pure. Supponendole impure.
A volte colpisce come una spranga postulando giudizi ed accuse. O quelle che i grandi chiamano colpe.

Reprimende: Abusi di coscienza.

Mi ha colpito alle gambe.
Ho pensato ad ogni volta che una reprimenda arriva alle gambe,
piegandole in due,
ma l'orgoglio,
in un attimo infinito,
le raddrizza.
Rimangono apparentemente dritte, con le ginocchia tremanti.

Non le piego, fanno male ma non le piego. Nessuno avrà mai la soddisfazione di vedermi in ginocchio. Nessuno vedrà mai il mio sguardo ferito. Il mio cuore spezzato. 
E il mio sangue amaro rimarrà dentro di me a ricordarmi chi sono, a rammentarmi chi ero.

Ora io so che la reprimenda allontana. Non è un semplice rimprovero.
Sono rimasto immobile e muto dinanzi al precettore mentre il mio pensiero era già lontanissimo.
Fuggiva. Che nessuno può tenerti in gabbia senza darti da mangiare.

Nessuna gelata reprimenda ti potrà mai salvare o migliorare.

Sorriderai per dignità,
guardando oltre,
indossando la tua prima maschera,
camminando seminerai scie di silenziosa amarezza sulla strada,
anelando barzellette di buffoni che ti possano lenire la ferita.

Ora ho compreso.
Ho compreso un ragazzino mortificato da una reprimenda.
Un bambino deluso. Al quale hanno rubato la credenza. E chiedo scusa.
Non è grazie ad essa che crescerò.
Mi chiuderò.
Diventerò un riccio.

Sentivo che sarei diventato riccio.
Da qualche tempo lo sapevo.







riMani

Oggi voglio raccontarvi l’inizio di una storia. Una storia che in realtà non ha un inizio, e neppure una fine, perché è una storia circ...