sabato 7 settembre 2013

Fiducia

Questo è il primo post di una nuova etichetta di her.etico: Parole



Rimase davanti alla piccola porta per un tempo che le parve interminabile. E le parve interminabile perchè le sue gambe continuavano a muoversi. I suoi piedi continuavano a pestare.
Guardava incerta e curiosa, come si guarda da un buco della serratura. S'intravedeva ben poco dal piccolo spazio di vetro che rimaneva nitido.
Fuori era freddo. Dentro era caldo.
Dentro era freddo.
Dentro e fuori di lei era tutto freddo.
Non capì mai come riuscì ad entrare nella bottega quel giorno. Per ore ed ore era rimasta fuori a guardare, aspettando chissà quale segnale la spingesse a varcare quella soglia.
Anche quel giorno non arrivò nessun segnale. Ma entrò.
Non ci è dato sapere il perché, in certi momenti, azioni che ci sembrano impossibili, improvvisamente diventano semplici.
Semplicemente quel giorno entrò.

Ad accoglierla neppure una voce. Solo silenzio e sguardo.
Sguardo che si alza da una pagina per guardarla.
Un cenno di sorriso. Un tacito invito a parlare.
"Buongiorno"- disse lei con un filo di voce.
Sguardo che si abbassa per non guardare. E vede i suoi piedi. Che pestano il pavimento.

"Buongiorno a lei signorina" - disse la voce. - "Come posso esserle utile?"

Non controllava più i piedi ma parlò:
"Io mi chiedevo, che cosa vendete in questo posto? Non riesco a vedere niente da fuori. Non vedo nessun prodotto."

Il sorriso di fronte a lei si allargò e lo sguardo divenne tenerezza.
"Venga signorina, si avvicini a me. Non abbia timore."

In quell'istante un suono di ambulanza le fece frullare la testa. La girò da una parte all'altra, quasi volesse assicurarsi che il suono assordante venisse da fuori. E non da dentro.

"C'è un ospedale vicino?
Non potrei mai vivere vicino ad un ospedale. Il suono dell'ambulanza mi entra dentro. Mi sembra di continuare a sentirlo per minuti, a volte ore. Ci rimane a lungo dentro le mie orecchie, dentro la mia testa. Non riesco a togliermelo di dosso fino a che non lo sostituisco con musica. Musica pesante. Musica assordante. Più forte di quella dell'ambulanza.
Quando ero piccola mi spaventava tanto. Pensavo sempre che all'interno ci potessero essere mamma o papà. O i miei fratelli. Feriti. Morti. Crescendo ho iniziato a fare telefonate. Ogni volta che passava l'ambulanza telefonavo a tutti.
Non mi chieda il perchè. Non credo ci sia un perchè. Forse è solo timore di perdita. O di dolore. Dolore sulle altre persone.
Io ho tanto timore di perdita. Tanto timore di dolore.
Pensi che ho tanto timore che, per timore, mi temo.
Temo di fare cose che possano arrecare dolore a qualcuno. E per timore di arrecare dolore a qualcuno non mi muovo, non faccio nulla. Vivo una vita immobile.
Ma da qualche tempo le mie gambe hanno iniziato a muoversi. Non le controllo più. Si muovono da sole.
Pestano. Pestano. Pestano.
Non so perchè sono entrata in questo posto. Devo andare ora. Non so perchè le ho raccontato queste cose. Le chiedo scusa. Ora devo andare."
E si avvicinò alla porta.

"Si fermi, la prego!" la voce divenne corpo e una mano le prese una mano.

Intorno a lei tutto era polvere. Non si capacitava del fatto di essere in quella strana bottega, con quello strano personaggio che la tratteneva. Tenendola per mano.
Provò a sentirsi. Non aveva paura.

Lo strano personaggio parlò: "Io credo che le sue gambe e i suoi piedi abbiano tanto bisogno di correre. Credo che siano stanchi e arrabbiati. Molto arrabbiati."

"Sono arrabbiati anche loro con me?"

"No."- le disse lui con tenero sguardo - "Non con te piccola anima addormentata."

Le lasciò dolcemente la mano e si avvicinò ad una cassettiera. Con sforzo aprì un cassetto indurito dagli anni e cercò. La sua mano uscì dal cassetto portando un minuscolo cofanetto.
Tornò a lei e le disse quasi sussurrando:

"Questa è la tua parola, FIDUCIA"











Nessun commento:

Posta un commento

riMani

Oggi voglio raccontarvi l’inizio di una storia. Una storia che in realtà non ha un inizio, e neppure una fine, perché è una storia circ...