venerdì 20 settembre 2013

La ricerca dimenticata





 Il violinista pazzo


Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all' improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all' improvviso se ne andò, e invano
sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano,
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.
Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì
d' essere malmaritata,
L' appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d' aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.
In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell' anima gemella,
quella parte che ci completa,
l' ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell' ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda
risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere
la melodia del violinista pazzo.
Fernando Pessoa




La ricerca dimenticata

Il paese si levò con un tremore. Tutti si chiesero da dove arrivasse tanta forza. 
Le persone uscirono di corsa dalle case e le strade si riempirono di vita che temeva la morte. La paura li accompagnò e la loro pelle divenne trasparente.
Era giunto un messaggero.

I messaggeri amano mascherarsi, per umiltà. Non amano mostrare le piume. 
A volte prendono le sembianze di forze della natura e il loro messaggio arriva solo a chi lo vuole sentire.
Il messaggero arrivò e portò distruzione e dolore. 
Caos.
Suo malgrado. 
Non conosceva la terra degli uomini e i muri che essi avevano costruito. 
Irruppe tra loro con tutta la sua energia e non fu accolto come un benevolo ospite, ma come un mostro. Un mostro che rubava sicurezza e ordine. Un mostro che rompeva la "roba" e faceva male. Un mostro che distruggeva e alimentava bisogni e desideri.
Non era bene.
Non pareva bene.
Si pensa, a volte, di sapere quale sia il nostro bene. 

Dopo qualche giorno dall'arrivo del messaggero nel villaggio tutto era cambiato.
Gli abitanti vennero avvolti da un'inquietudine con la parvenza di eterno. Pareva avesse messo radici nel loro stomaco e che queste radici avessero ramificazioni in ogni remoto angolo del loro corpo. 
Le mura tanto amate si erano trasformate in pericoli e gli abitanti trovavano una misera pace solo all'esterno. Tra la terra e il cielo.
E fu tra la terra e il cielo che avvenne un piccolo miracolo. Alcune anime estinte che si erano allontanate si sentirono meno lontane. 
Pareva che anche le mura di dentro fossero state colpite dalla forza dirompente del messaggero. 
Si avvicinarono.
Si guardarono.
Si compresero.
Le radici dell'inquietudine si ritirarono di fronte alla potenza dell'avversario. Alla sua energia.
E allora tornò la quiete.

La quiete è generosa. Quando arriva, arriva dappertutto, per antagonismo con la sua opposta, non trascura neppure una piccola unghia di mignolo. 
La quiete la senti nelle ossa mentre si rilassano. Fanno quasi male mentre si apprestano a stare bene. E sai che devi assaporarla tutta, perché essendo farfalla, potrà durare un'ora, un giorno, ma non tanto di più.
In quel momento di quiete le anime estinte si risvegliarono e si misero alla ricerca di significati. Li cercarono dappertutto; guardando il cielo e le pietre. Li trovarono affidandosi al loro sole, ascoltando altre anime e sorridendo.
Era facile; la giostra era ferma e il suo cigolio non confondeva il signore del silenzio.
Si sentirono come se avessero ripreso un cammino che avevano iniziano tempo addietro e perciò non si spaventarono nel vedere ciò che ancora non conoscevano. Curiose comprendevano.
Ma durante la comprensione, a poco a poco, ricominciò il cigolio.
Creò confusione.
La suscettibile quiete, offesa, se ne andò.
Lentamente le anime estinte ricominciarono a nascondersi nei loro scrigni per non sentire il rumore della finzione, timorose di contaminazione.
Costrette a seguire il cigolio della giostra si persero di nuovo. Ma con qualche nozione di percorso e di orientamento in più. Tornò l'inquietudine, ma la sua prepotenza non trovò lamento e imparò a stare al suo posto e al suo tempo. 
Le anime sapevano che non sarebbe più accaduto. Che la ricerca non sarebbe più caduta nel vuoto del non ricordo, dimenticata, ma che l'avrebbero solamente celata. Per permetterle di sopravvivere.
Lo compresero e mentre pagavano il biglietto, si scambiarono un complice sguardo e sorrisero beffarde alla giostra, sempre più cigolante, sempre più obsoleta.



sabato 7 settembre 2013

Fiducia

Questo è il primo post di una nuova etichetta di her.etico: Parole



Rimase davanti alla piccola porta per un tempo che le parve interminabile. E le parve interminabile perchè le sue gambe continuavano a muoversi. I suoi piedi continuavano a pestare.
Guardava incerta e curiosa, come si guarda da un buco della serratura. S'intravedeva ben poco dal piccolo spazio di vetro che rimaneva nitido.
Fuori era freddo. Dentro era caldo.
Dentro era freddo.
Dentro e fuori di lei era tutto freddo.
Non capì mai come riuscì ad entrare nella bottega quel giorno. Per ore ed ore era rimasta fuori a guardare, aspettando chissà quale segnale la spingesse a varcare quella soglia.
Anche quel giorno non arrivò nessun segnale. Ma entrò.
Non ci è dato sapere il perché, in certi momenti, azioni che ci sembrano impossibili, improvvisamente diventano semplici.
Semplicemente quel giorno entrò.

Ad accoglierla neppure una voce. Solo silenzio e sguardo.
Sguardo che si alza da una pagina per guardarla.
Un cenno di sorriso. Un tacito invito a parlare.
"Buongiorno"- disse lei con un filo di voce.
Sguardo che si abbassa per non guardare. E vede i suoi piedi. Che pestano il pavimento.

"Buongiorno a lei signorina" - disse la voce. - "Come posso esserle utile?"

Non controllava più i piedi ma parlò:
"Io mi chiedevo, che cosa vendete in questo posto? Non riesco a vedere niente da fuori. Non vedo nessun prodotto."

Il sorriso di fronte a lei si allargò e lo sguardo divenne tenerezza.
"Venga signorina, si avvicini a me. Non abbia timore."

In quell'istante un suono di ambulanza le fece frullare la testa. La girò da una parte all'altra, quasi volesse assicurarsi che il suono assordante venisse da fuori. E non da dentro.

"C'è un ospedale vicino?
Non potrei mai vivere vicino ad un ospedale. Il suono dell'ambulanza mi entra dentro. Mi sembra di continuare a sentirlo per minuti, a volte ore. Ci rimane a lungo dentro le mie orecchie, dentro la mia testa. Non riesco a togliermelo di dosso fino a che non lo sostituisco con musica. Musica pesante. Musica assordante. Più forte di quella dell'ambulanza.
Quando ero piccola mi spaventava tanto. Pensavo sempre che all'interno ci potessero essere mamma o papà. O i miei fratelli. Feriti. Morti. Crescendo ho iniziato a fare telefonate. Ogni volta che passava l'ambulanza telefonavo a tutti.
Non mi chieda il perchè. Non credo ci sia un perchè. Forse è solo timore di perdita. O di dolore. Dolore sulle altre persone.
Io ho tanto timore di perdita. Tanto timore di dolore.
Pensi che ho tanto timore che, per timore, mi temo.
Temo di fare cose che possano arrecare dolore a qualcuno. E per timore di arrecare dolore a qualcuno non mi muovo, non faccio nulla. Vivo una vita immobile.
Ma da qualche tempo le mie gambe hanno iniziato a muoversi. Non le controllo più. Si muovono da sole.
Pestano. Pestano. Pestano.
Non so perchè sono entrata in questo posto. Devo andare ora. Non so perchè le ho raccontato queste cose. Le chiedo scusa. Ora devo andare."
E si avvicinò alla porta.

"Si fermi, la prego!" la voce divenne corpo e una mano le prese una mano.

Intorno a lei tutto era polvere. Non si capacitava del fatto di essere in quella strana bottega, con quello strano personaggio che la tratteneva. Tenendola per mano.
Provò a sentirsi. Non aveva paura.

Lo strano personaggio parlò: "Io credo che le sue gambe e i suoi piedi abbiano tanto bisogno di correre. Credo che siano stanchi e arrabbiati. Molto arrabbiati."

"Sono arrabbiati anche loro con me?"

"No."- le disse lui con tenero sguardo - "Non con te piccola anima addormentata."

Le lasciò dolcemente la mano e si avvicinò ad una cassettiera. Con sforzo aprì un cassetto indurito dagli anni e cercò. La sua mano uscì dal cassetto portando un minuscolo cofanetto.
Tornò a lei e le disse quasi sussurrando:

"Questa è la tua parola, FIDUCIA"











riMani

Oggi voglio raccontarvi l’inizio di una storia. Una storia che in realtà non ha un inizio, e neppure una fine, perché è una storia circ...