venerdì 11 novembre 2011

Il dottore delle chitarre


Se possedete una chitarra forse vi sarà capitato di conoscerlo.
Io l'ho conosciuto oggi.
Una delle chitarre che vivono nella mia casa è caduta. Si è fratturata il manico.
Dopo una giornata di grande sconforto, dovuto all'affetto profondo che, uno di noi in particolare, nutriva per lei, abbiamo deciso di tentare. L'abbiamo portata dal Maestro liutaio.
Siamo entrati in questo strano ambulatorio che assomigliava più allo studio di un alchimista che a quello di un liutaio. L'assistente ci ha aiutato a posare lo strumento su un piano che aveva tutta l'aria di un tavolo di sala operatoria.
Quando è entrato il Maestro ho capito. Indossava un camice verde, proprio come quello di un chirurgo.
Si è avvicinato alla povera chitarra ed ha iniziato a visitarla.
Poi ha parlato. Io purtroppo non ricordo con precisione le sue parole. Perchè ero incantata.
Ha espresso la sua diagnosi come se parlasse di un essere umano.
Ha usato più volte la parola anima. Ha detto che lui, avrebbe anche potuto tentare, ma non riusciva a garantire che la chitarra potesse di nuovo fare ciò per cui era nata. Si sarebbe sicuramente rispezzata, non sarebbe riuscita a reggere un concerto.
La chitarra si era rotta nell'anima. Non ci ha dato speranze.

Abbiamo lasciato l'ambulatorio e siamo andati, per dovere, all'inaugurazione di un'agenzia pubblicitaria. C'erano tante persone, tante cose da bere e da mangiare. Tutti chiaccheravano e si baciavano.
Io guardavo e mi chiedevo:"Chissà se qualcuno di loro ha l'anima rotta?"

Tornati a casa, un piccolo uomo ha preso con cura la chitarra con l'anima spezzata, l'ha messa, protetta dalla sua custodia, nella sua stanza e ha detto:
" Io so che da grande riuscirò ad aggiustarla".

giovedì 3 novembre 2011

...il soffio, il venticello, l'arietta, la brezza, lo zefiro.


"Si narra che anticamente ci fu un dio che decise di modellare un uomo con l'argilla della terra che prima aveva creato, e subito dopo, perchè avesse respiro e vita, gli soffiò nelle narici. Alcuni spiriti contumaci e negativi insegnano a denti stretti, quando non osano proclamarlo ai quattro venti, che, dopo quell'atto creativo supremo, il famoso dio non tornò mai più a dedicarsi alle arti della ceramica, una maniera contorta di denunciarlo per avere, semplicemente, smesso di lavorare. La questione, per la trascendenza di cui si riveste, è troppo seria per essere trattata semplicisticamente, richiede ponderazione, molta imparzialità, molto spirito obiettivo. E' un fatto storico che il lavoro di modellatura, a partire da quel memorabile giorno, non è più stato un attributo esclusivo del creatore per passare alla competenza incipiente delle creature, le quali, inutile dirlo, non sono attrezzate di sufficiente soffio ventilatore. Il risultato è che si è demandata al fuoco la responsabilità di tutte le operazioni sussidiarie capaci di dare, tanto per il colore come per la brillantezza, e addirittura per il suono, una ragionevole somiglianza di cosa viva a quanto uscisse dai forni. Sarebbe un giudicare dalle apparenze. Il fuoco fa molto, e questo nessuno lo nega, ma non può fare tutto, ha serie limitazioni, e persino qualche grave difetto, come sarebbe per esempio, l'insaziabile bulimia di cui soffre e che lo porta a divorare e ridurre in cenere tutto quanto si trova davanti. Tornando, però, al tema che ci occupa, alla fornace e al suo funzionamento, sappiamo tutti che la creta umida infilata nel forno è creta crepata in men che non si dica. Una prima e irrevocabile condizione la stabilisce il fuoco, se vogliamo che faccia ciò che da lui ci aspettiamo, ed è che la creta entri nel forno essicata, e ben essicata. Ed è qui che umilmente torniamo al soffio nelle narici, è qui che dovremo riconoscere fino a qual punto eravamo stati ingiusti e imprudenti quando abbiamo delineato e fatta nostra l'empia idea che il tale dio avrebbe voltato le spalle, indifferente, alla sua stessa opera. Si, è vero, dopo di ciò nessuno lo ha più rivisto, ma ci ha lasciato quello che forse era il meglio di se stesso, il soffio, il venticello, l'arietta, la brezza, lo zefiro, quelli che già stanno entrando dolcemente nelle narici delle sei statuine di creta che Cipriano Algor e la figlia hanno appena collocato, con ogni cura, sopra una delle assi a essicare. Uno scrittore, insomma, non solo vasaio, il suddetto dio sa anche scrivere bene su righe torte, non essendo presente per soffiare personalmente, ha fatto fare il lavoro per suo conto, e tutto affinchè la vita ancora fragile di queste terrecotte non debba finire per estinguersi domani nel cieco e brutale abbraccio del fuoco. Parlare di domani, però è solo un modo di dire, perchè se è pure vero che, un soffio solo è stato sufficiente all'inaugurazione perchè l'argilla dell'uomo acquistasse respiro e vita, dovranno essere tanti i soffi necessari perchè dai buffoni, dai pagliacci, dagli assiri con la barba, dai mandarini, dagli eschimesi e dalle infermiere, da questi che sono qui e da quelli che in file serrate si allineeranno su queste tavole, evapori, a poco a poco, l'acqua senza la quale non avrebbero potuto essere ciò che sono, e possano entrare sicuri nel forno per trasformarsi in quello che dovranno essere."
passaggio cruciale di quel sublime libro che è "La caverna" di Josè Saramago

riMani

Oggi voglio raccontarvi l’inizio di una storia. Una storia che in realtà non ha un inizio, e neppure una fine, perché è una storia circ...