"Cercavo il mare.
Ho mangiato sassi.
Ho scavato con le mani terreno freddo e duro e terreno caldo e morbido.
Ho sporcato le mie unghie con terra profumata e con sterco.
Ho rovinato i miei occhi per vedere fino in fondo. Volevo imparare a guardare nel buio.
Ho trovato qualcosa.
Ma a che serve scavare?
Arrivare al tesoro e poi scoprirsi a guardare altrove,
e risalire?
Hai creato un tunnel perfetto,
levigando pareti. Hai lasciato tracce indelebili.
Credevi di poterlo ripercorrere,
credevi di aver imparato perfettamente la strada.
Ma a che serve?
Una volta risalito togli la scala e la nascondi.
A che serve?
Se la paura del vuoto tornerà a confonderti e rimarrai immobile sull'orlo del tuo scavo a guardare uno scrigno,
chiuso,
ricoprirsi di polvere e terra.
Ricoprirsi di tempo."
her.etico
Mi sono seduta sul libro di filosofia di mio figlio, abbandonato sul divano. L'ho sfilato e l'ho sfogliato.
Quando mi sfiora la Grecia Antica penso sempre:
"Capperi, ma quanto erano già avanti questi!"
Ho immaginato l'umanità, nei millenni, e ho visto una talpa.
Che è spinta a scavare, che cerca, che a volte vede, che a volte trova, ma poi non riesce a ricordare o a trasmettere quello che ha visto, ciò che ha trovato.
E la Storia si ripete.
Si ripetono storie all'infinito. Storie pubbliche e storie private.
Credo abbiano ragione quelli che dicono che si impara davvero solo vivendo.
E forse non si impara davvero mai. O non abbastanza.
E siamo obbligati a provare, e a tratti a sbagliare, per capire. A ripetere.
E lo possiamo in qualche modo comunicare, riportare, testimoniare.
Ma non possiamo insegnarlo a nessuno.
Vado a ripetermi la lezione mai letta e mai studiata di oggi. Nel sonno.
Che Zeus mi protegga.
Kalinychta.
her.etico
mercoledì 26 febbraio 2014
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